Il rossetto

Nel 2800 a.c nella tomba della sacerdotessa Shubad, sovrana della città sumera di Ur, venne ritrovato un vasetto con all’interno una pasta fatta di polvere rossa, essenza di rosa ed olio di sesamo, che lei utilizzava per colorarsi le labbra. Si dice che lo portasse sempre con se, all’interno di una scatola di madreperla e filigrana d’oro, con una sorta di cucchiaino per applicarlo.

Cleopatra utilizzava pigmenti ricavati da coleotteri o dalle formiche per ottenere la colorazione nera, con cui metteva in evidenza occhi e labbra.

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LA MODA: LA SOLITA STORIA. NO, LE SOLITE FIRME

Sarà il nervosismo da pre- partenza sarà sto caldo africano che irrita ogni neurone del mio sistema nervoso (e meno male che sono nata a Fortaleza, un paese in cui la media annua è 30° all’ombra e non oso immaginare il mio livello di sopportazione se fossi nata al Polo Nord) sarà la “bellissima” notizia sull’ultima tassa sui condizionatori introdotta dal governo che inciderà , ancora una volta, sulle tasche degli italiani … sarà, comunque oggi vorrei fare una riflessione che mi attanaglia ogni santa volta che inizio a sfogliare Vogue & Co . Dopo l’impatto cover story (che ultimamente non mi entusiasta per niente perchè trovo che siano poco definite , prive di colore e di poco contenuto) leggo, come al SOLITO :

” in copertina… modella (anoressica) taldetali indossa cappotto di Pincopallo (guarda caso SOLITO stilista) , accessori Tizio , etc etc … e ancora foto by Steven Meisel  trucco by Pat McGrant hair by Guido for Redken

E dunque la mia riflessione, ma che diavolo, su 7 numeri mensili possibile che 6 sono stati “firmati da “questi”? Con tutto rispetto. Sarete anche bravi, ma avete anche rotto le palle. Perché mi chiedo, una rivista come Vogue che tanto promuove i cccccciovani stilisti con la solita “who is on next” non promuove anche giovani intraprendenti nel campo della fotografia del make-up e dell’acconciatura e da la possibilità a loro di fare una cover story di tutto rispetto? Mica chiediamo la luna Franca Sozzani& Co. Che tanto millanta frasi contro blogger accusandole di eccessi. Ma che eccessi ed eccessi? Mi dica. Perché lei scrive una rubrica “il blog del direttore”. Perché usa IMPROPRIAMENTE la parola blog se ne è contro? E spero che chi scriverà per lei nel mese di Agosto sia consapevole del suo “NON credo” e non si faccia assalire dall’euforia “oddio scrivo su Vogue Italia”. Potreste occupare meglio il vostro tempo piuttosto di stare dietro a persone che non apprezzano in primis il vostro lavoro. Una volta, non vi nego, che se fosse capitato a me ne sarei sta entusiasta eh, ma sapete, le idee cambiano fortunatamente. E a volte sopravvalutino personalità che abbagliano solo perchè ricoprono “certe posizioni”. Ciao. Scrivo e chiudo qui.

City Lights 2015 cover story Vogue Italia Gennaio 2015 ph Steven Meisel

The power of style Febbraio 2015 Vogue Italia ph Steven Meisel

Culinary Delights cover story Vogue Maggio 2015

The China issue cover story Giugno 2015 Vogue Italia

life cover story Vogue Italia Luglio 2015

cover story day and night Vogue Aprile 2015 ph Steven Meisel

I can see you

La vita dopo facebook&Co

(ph from Pinterest)

La vita D.F.

OVVERO : La vita dopo facebook&Co

Vi ricordate quando c’erano quelle fantastiche (ma neanche troppo) abbreviazioni dei cellulari per scrivere messaggi SMS ai vostri amici che sembravano più formule matematiche che messaggi? Quando ancora non si chiamavano “followers”, quando i touch screen (o schermo tattile per essere meno English mood) era roba da fantascienza, quando ancora la parola Whatsapp molto probabilmente sarebbe suonata come “Ciao amico cosa succede?”. Quei tempi in cui ci preoccupavamo di scrivere i bigliettini “segreti” da passare sottobanco ai nostri compagni di classe durante la pallosa-odiosa lezione di fisica (e tante altre lezioni ) che ancora oggi mi chiedo che diavole me ne farò di quelle formule? Le devo usare per creare nuove miscele fai da te per la lavatrice sfidando i super poteri di Vanish & Co, mah, non ho mica capito eh?! Quando ancora non ci preoccupavamo di aggiornare lo stato di facebook e “scrollare” la bacheca di instagram per vedere cosa è successo durante le nostre ore di letargo, tempi in cui la nostra pazienza non sarebbe stata facilmente minacciata da due virgolette del cavolo nella speranza che diventassero blu ( whatsapp #appunto!) e, tenetevi forte, quando non ci si doveva preoccupare di scaricare l’app che sta scalando le classifiche tra le più scaricate del momento: periscope. Quei tempi da categorizzare come:

“scrivo in italiano modernizzato e tecnologico, quasi dislessico e scorretto” che ora si tramuterebbe in “ scrivevi in italiano vintage e ora sei fuori moda, aggiornati!”

Da quei tempi ad oggi un po’ di cose sono cambiate. A dirla tutta, un BEL PO’.
L’altro giorno mi stavo aggiornando sulla vita facebookiana tanto per fare l’alternativa no!?e tra status , foto , video ,e pagine sponsorizzate mi sono imbattuta nella pagina di Fendi (anch’essa sponsorizzata chiaro!) e lessi :

“ digital boutique”

E qui l’ironica vocina interiore mi ha fatto pensare , cheveparevabruttochiamarla e-commerce o e-shop? Ormai non parlano d’altro. Anche Google sta lavorando sulla questione e-commerce grazie al primo fashion trend report negli Usa. Sta analizzando ciò che fa tendenza (i trend per dirla alla fashion blogger) ciò che potrebbe essere maggiormente vendibile su internet i più appetibili insomma. Big G, come piace chiamarlo a me neanche fosse mio fratello, sta lavorando con importanti aziende di moda come appunto Calvin Klein, per aiutarlo (poverino!), a capire i prodotti maggiormente ricercati. Per la serie : ti dico io cosa vendere su internet. Il suo obbiettivo? Diventare un player importante nel settore dell’e-commerce e della moda ovviamente perchè forse come motore di ricerca e come piattaforma di advertising non basta più…?

Anche Net a Porter si mobilita su questo trend , dal 13 Maggio infatti ,è scaricabile da Itunes The Net Set, un portale a metà tra socialnetwork e e-shopping. I followers non saranno più gli stessi, o meglio, non saranno più chiamati così ma “admirer”. Gli ammiratori.

E come direbbe Pucci (non lo stilista Emilio Pucci) ma quello di Zelig
E’ cambiato tutto!

CONCLUSIONE :
Se ci metteremo in massa a cercare su google ,o chi per esso, “ciabatte da nonna Pina” non meravigliatevi del fatto che la stagione successiva saranno allegramente indossate dalle modelle durante le fashion week. Successivamente nei negozi (e-commerce , e-shop, digital boutique e compagnia bella) per finire poi nel nostro armadio! Io vi ho avvisate eh!

A lezione di streetstyle con Elle

Tra una scrollata e l’altra della mia home di Instagram , tra un ‘insalata poco condita (per limitare i sensi di colpa appena leggo articoli del tipo “è arrivata la prova costume, e tu sei pronta?”) e semi di ogni genere (adoro i semi di sesamo, di lino , di girasole etc etc) SBADABAAAAAM… mi imbatto in una immagine postata  dell’insalata bionda più famosa del web (sempre di insalate parliamo!).

Una cover di Elle, mica Elle “normale”.Un’edizione chiamata Elle Streetstyle (DENMARK) con tanto di tag di uno dei fotografi di streetstyle più conosciuti che si aggira per le sfilate di mezzo mondo per cercare gli scatti da vendere (udite bene e leggete bene) alle testate di moda .Vincenzo Grillo. Che guarda caso , lavora e collabora anche con altre influencer (le chiamano così) come Eleonora Carisi per non parlare di Candela Novembre (detta Candelita) e potrei stare qui e farvi un elenco degno di mailing list delle migliori agenzie in circolazione.

Ma. il punto è. C’è un accordo preconfezionato tra blogger (che si creano visibilità con le pubblicazioni cartacee) , uffici stampa (che decidono a chi far indossare cosa a DETERMINATE persone per essere pubblicati sui giornali, e tenetevi forse, PAGANDO), giornalisti (che si creano le cerchie delle influencer per poter scrivere qualcosa che a loro dire farà il botto o a botte fate voi…), fotografi (che vengono “spediti” dalle agenzie per poi poter vendere le foto alle riviste) e designer (che fanno a “pugni” per poter essere nominati , o meglio, taggati, sui canali social di ogni genere). Ne aravate al corrente, no?

Quindi, la prossima volta che uffici stampa vi diranno “non prendete niente per le sfilate della fashion week?” con tanto di dichiarazione d’intento “ti do i vestiti, li indossi, ti fai fotografare, e li riporti indietro e arrivederci e grazie per la pubblicità gratuita”  pensate , pensateci più di 10 volte…Perché se è davvero la sfilata che vi interessa (certo non è che mi fa schifo la visibilità sia chiaro, anche a me ha fatto comodo nei miei tempi bui e di inesperienza il loro non “servizio guardaroba”)  forse non è meglio andarci con i jeans di qualche anno che fa tanto vintage , con la camicetta di H&M al costo di 19,90 Euro , le scarpe di Zara a 39,90 Euro, un accessorio particolare magari preso dal cassetto della gioventù di vostra madre, una borsa a voi cara (e magari anche cara)… con un VOSTRO STILE ?

Sapete, questo mi fa riportare agli anni di Coco Chanel. Quella donna sì che era vanti anni luce, pensate, faceva il lavoro degli uffici stampa già allora. Mandava le sue ragazze, le famose “mannequin”,  in party esclusivi della “Parigi per bene” a suon di Charleston , con i suoi abiti, le sue creazioni…Lei ha anticipato le it Girl e molto probabilmente le PAGAVA.

Alla prossima puntata di #naylastories & Co.

Baci.

#NaylaC